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IL SONNO DELLA RAGIONE
GENERA SOGNI

Doppia personale

YURI RODEKIN - ANTONIO SOFIANOPULO

26 giugno - 24 luglio 2021

 

Riguardando con occhi già estranei i quadri che porto per la mostra, ho notato che ora mi piacciono di più le opere che non parlano, non gridano, ma trattengono il silenzio. C’è una quieta tensione, dentro, che non promette ma nasconde il segreto più importante. Ma è lo spettatore stesso che deve fabbricare la chiave. Non esistono in commercio le chiavi passe-par-tout.
Il finale è un enigma, nello sforzo di far apparire ciò che esiste “non-qui e ora” nel nostro mondo “qui e ora”.
Sento che ogni quadro è il tentativo di tradurre una luce, una forma, un soffio di vento - che esistono in una dimensione propria, che non è quella abituale nostra – nello spazio limitato della tela, con i pigmenti della terra. È un desiderio simile a quello degli alchemici.
Essere artista significa aiutare (me stesso? forse altri?) a indovinare una bellezza, un segreto, che restano invisibili e intraducibili fino al momento del mio tentativo, espresso con la lingua che conosco.
È facile realizzare dei quadri capaci di impressionare. È quasi impossibile, invece, che la tela coperta di colori traspiri, oltre all’olio di lino, anche un soffio leggero del quieto mistero.
La Natura lo fa facilmente, l’Arte no. Ma in questo tentativo sta la sua nobiltà, e la sua grandezza.

Yuri Rodekin


Probamira, 21 giugno 2021
Da più di mezzora, seduto sotto al tiglio nel mio giardino, osservo un bruco che si cala lentamente appeso ad un filo invisibile. L’osservo in controluce e cerco di mettere a fuoco il minuscolo animale così che lo sfondo, levata da esso l’attenzione, diventa uno spazio che è fatto di tutto quello che credo di conoscere, so che c’è il bosco, le case, la strada, le persone, gli uccelli che volano da un ramo all’altro oppure quelli alti nel cielo luminoso. Senza remissione oscillo tra il bruco che inutilmente cerco di scrutare e “l’indefinito” che m’illudo di conoscere perché rifiuto l’idea che la sua sostanza è generata da null’altro se non dalla mia memoria, dall’esperienza, dalle mie paure, ambizioni e speranze. Il bruco che senza ragione vorrei comprendere, è piccolissimo mentre ciò che sta dietro, non può aver limiti.
Affannato a risolvere le brucomachie quotidiane non accetto che sempre, accanto c’è l’immensamente più grande, l’enormemente più importante, quell’infinito che si allarga oltre i limiti dell’universo, c’è di nuovo l’imponderabile me stesso.
Tra il bruco e ciò che sta dietro, scorre una densità nella quale, come frutta nella gelatina, si sospendono i frammenti che ora ho riportato in questi miei dipinti.

Antonio Sofianopulo

 

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